Si è svolta questa mattina a Napoli una manifestazione per ricordare Gaetano Montanino, un uomo di 45 anni ucciso durante una rapina nell’agosto del 2009. Oggi si celebra, infatti, la figura di San Giorgio, Santo Patrono delle Guardie Giurate e Gaetano era proprio uno di loro, una guardia particolare giurata, un mestiere difficile che però svolgeva con dedizione e sacrificio.
Gaetano Montanino venne ucciso il 4 agosto del 2009 a Napoli, durante una sparatoria avvenuta nella centrale Piazza Mercato. Gaetano quel giorno prestava servizio insieme ad un suo collega, Fabio De Rosa, quando due uomini improvvisamente si avvicinarono loro tentando di sottrarre le pistole d’ordinanza in maniera violenta. Gaetano ed il suo collega reagirono e scoppiò un conflitto a fuoco in cui entrambi vennero colpiti più volte da diversi colpi di pistola. Gaetano Montanino venne raggiunto da otto colpi e morì immediatamente mentre il suo collega riuscì a sopravvivere, nonostante le gravi ferite riportate. Fu proprio grazie alla ricostruzione di Fabio De Rosa che la sera stessa dell’omicidio venne fermato uno dei due delinquenti che avevano ucciso Gaetano, ovvero Davide Cella. Poco tempo dopo, grazie alle dichiarazioni di un pentito, altri due uomini vennero fermati per l’omicidio di Montanino; si trattava di Salvatore Panepinto e di un ragazzo minorenne all’epoca dei fatti. Nell’aprile del 2012 vennero tutti condannati a 20 anni di reclusione come responsabili dell’omicidio di Gaetano.
Questa mattina, a via Marina a Napoli, è stata collocata una nuova targa commemorativa dedicata alla figura di Gaetano Montanino, in sostituzione di quella che venne posizionata nell’aprile del 2013 a Piazza Mercato, insieme ad un albero ribattezzato “Alberto Gaetano Montanino”. Quel piccolo angolo della memoria, però, si tramutò ben presto in un angolo del degrado, circondato da rifiuti di ogni tipo, quasi abbandonato e dimenticato da tutti. Così oggi si è deciso di restituire il giusto decoro alla memoria di Gaetano, con l’installazione di una nuova targa. Successivamente la manifestazione di questa mattina si è spostata presso la Basilica del Carmine in piazza del Carmine dove è stata celebrata una messa da Don Luigi Ciotti, Presidente di Libera, alla presenza della moglie di Gaetano, Lucia e di sua figlia Veronica sostenute ed abbracciate dai tanti presenti, uomini delle istituzioni e non, come il Questore di Napoli Guido Marino, il colonnello dei Carabinieri Marco Minicucci, il deputato del Movimento Cinque Stelle Salvatore Micillo e i responsabili regionali di Libera, ovvero Geppino Fiorenza e Don Tonino Palmese. Presente anche l’Assessore al comune di Napoli Alessandra Clemente che nel suo intervento ha anche sottolineato quanto sia stato importante restituire dignità e bellezza a quella targa, lasciata per troppo tempo abbandonata e circondata da rifiuti: “Non sarà mai abbastanza quello che la città di Napoli potrà fare, ma Napoli capisce che bisogna onorare con partecipazione le vittime della criminalità. Era importante che alla targa si desse decoro. Ci abbiamo messo un anno, ma oggi presentiamo i valori di questa città”.
Forte ma al contempo commosso anche l’intervento di Veronica, la figlia di Gaetano: “Le risposte alle nostre domande siete voi che stamattina siete qui. La risposta all’indifferenza del quartiere siamo noi familiari. Sempre uniti con un gesto di unione e di vicinanza. La lapide aveva la dignità anche coperta dall’immondizia”.
Chi, però, non ha mai smesso di cercare di restituire dignità alla targa di suo marito è proprio la moglie di Gaetano, la signora Lucia Montanino che, sentita telefonicamente, si è così espressa: “Un anno fa eravamo tutti qui ad inaugurare la deposizione della targa, che grazie alla sensibilità dell’amministrazione comunale di Napoli e del sindaco De Magistris, fu collocata in memoria di Mimmo. Un gesto bello, forse anche inaspettato. Tuttavia, da quel giorno, per un anno intero, quello che tutti consideravamo un bel gesto è stato, nostro malgrado, motivo di ulteriore sofferenza. Un anno fa, davanti a quella lapide, non pensavo solo di potermi raccogliere in preghiera o portare un fiore fresco, ma avrei voluto che la stessa fosse monito per i cittadini e per i giovani del quartiere, che ricordassero che in questa piazza è caduto, facendo fino in fondo il proprio dovere, un uomo onesto, un servitore dello Stato. In questo anno, purtroppo, come molti sanno, non mi è stato possibile compiere neanche il più semplice di questi gesti, perché il degrado di questo luogo ha coperto anche la lapide che con tanto entusiasmo era stata posta”.
Ancora, la signora Montanino ha però voluto sottolineare l’importanza della giornata odierna, che rappresenta nuovo impegno di memoria e di legalità: “Oggi – grazie alla rinnovata disponibilità e sensibilità del Sindaco e dell’Assessore Clemente, che è una di noi, non dimentichiamolo (ma anche al lavoro di sensibilizzazione di diversi organi di informazione e dei funzionari del comune e degli amici della Fondazione Pol.i.s.) – riponiamo la targa commemorativa dedicata a Mimmo in un luogo poco distante, che abbiamo ritenuto più decoroso. Vogliamo che il suo ricordo rimanga nitido e per questo oggi poniamo la targa lontano da chi davvero involontariamente rendeva indecoroso il luogo. Ma i responsabili di quel disagio, di quel non decoro, di questo degrado non sono certo le povere persone che bivaccavano ai piedi della targa di Mimmo. I veri responsabili stanno altrove e per più di mezzo secolo hanno governato, male, questa città”.
L’ultimo pensiero e ringraziamento, invece, è per la sua nuova famiglia: “La comunità degli altri parenti delle vittime innocenti, che come noi hanno vissuto e vivono lo stesso dolore e con tante altre persone, che pur non essendo state direttamente colpite, si prodigano per cercare di lenire le nostre sofferenze. Intorno a me e a Veronica si è creata una nuova comunità che ora consideriamo la nostra stessa famiglia. Una famiglia molto grande, fatta di gioie, di vicinanza, ma anche di tanti problemi, dei quali io ora avverto il bisogno di farmene carico. Ma da sola so che non potrò farcela. C’è bisogno di maggiore vicinanza, di comprensione, di condivisione dei problemi, perché anche tra i familiari delle vittime non tutti abbiamo gli stessi problemi”.